mercoledì 28 maggio 2008

e infine...il mio preferito...


Il paradosso del "gatto di Schrödinger"

Nel 1935 Erwin Schrödinger, nell’intento di dimostrare l’incompletezza e le contraddizioni insite nella teoria quantistica, propose, in un articolo passato ormai alla storia, un particolarissimo "esperimento mentale" che vedeva come protagonista il proprio gatto. All’interno di una scatola d’acciaio Schrödinger immagina di porre un gatto e una piccola quantità di sostanza radioattiva, la cui disintegrazione viene registrata da parte di un contatore Geiger il quale a sua volta mette in azione un martello che infrange una fialetta di veleno in forma gassosa.


Ora volendo seguire alla lettera la teoria quantistica, sostiene Schrödinger, passato un certo periodo di tempo dall’istante in cui il gatto è stato messo all’interno della scatola e ha avuto inizio l’esperimento, ci si trova nella situazione in cui il momento della disintegrazione della sostanza radioattiva non può essere calcolato con esattezza (risultando tale momento sovrapposizione di più tempi) e quindi ci si trova nella impossibilità oggettiva di assegnare un reale stato di vita o di morte al gatto. Anzi ci si trova in una strana situazione ove la fiala di veleno risulta potenzialmente allo stesso tempo rotta e non rotta, con un gatto contemporaneamente vivo (fialetta non rotta) e morto (fialetta rotta).

Inoltre, prosegue Schrödinger, volendo ancora seguire alla lettera le regole quantistiche, se dopo un certo periodo dall’inizio del test la scatola d’acciaio viene aperta e lo sperimentatore osserva che il Geiger (attraverso lo spostamento dell’indice) mostra di aver rivelato una disintegrazione radioattiva, occorre ammettere che è stato l’atto di guardare ("osservare") dentro la scatola che ha ucciso il gatto, dando realtà alla situazione sperimentale, non dando realtà alla disintegrazione radioattiva.

Sempre nell’ambito dell’analisi delle conseguenze "degli atti di osservazione" emerge un’ulteriore aspetto paradossale. Se lo sperimentatore decide di rimandare indefinitamente l’osservazione della scatola, il gatto resta nel suo stato schizofrenico di vita latente fino a quando non gli viene data una dimensione definitiva, in virtù della cortese, ma capricciosa curiosità di uno sperimentatore.

A questo punto il lettore si chiederà che risposte hanno dato i fisici quantistici alle argomentazioni tutt’altro che banali avanzate da Schrödinger. Per quanto concerne la possibilità di stati sovrapposti macroscopici come quelli che contraddistinguerebbero il gatto vivo-morto, la maggior parte dei fisici ritiene che non abbia senso estendere le "regole" della teoria quantistica al macromondo, quindi le conseguenze della sovrapposizione degli stati che nel nostro caso caratterizza la durata della vita di una disintegrazione radioattiva (ed il relativo stato di salute del gatto), deve rimanere confinata al livello microscopico. Una minoranza di fisici ritiene, invece, che occorra un profondo ripensamento degli rapporti macromondo-micromondo.

Per quanto riguarda il ruolo dello sperimentatore (dell’osservatore) per il crearsi della realtà il grosso degli esponenti della teoria quantistica ortodossa, ritiene che il ruolo dell’osservatore non possa essere eliminato ogni qualvolta entrano in gioco stati sovrapposti. Solo un osservatore con le sue scelte -che possono, ad esempio, riguardare il momento di verificare se si è avuta una determinata disintegrazione radioattiva- è in grado di dare significato (e quindi "risolvere") in un modo o in un altro uno stato sovrapposto.

In un ultima analisi il paradosso non è altro che un tentativo di gettare tra un modo in cui il formalismo della teoria sembra descrivere il mondo fisico e il comportamento classico che esso esibisce a livello macroscopico. Un problema questo, concettuale e formale, che il paradosso esplicita acutamente.

ancora un'aggiunta........


Fondamenti della meccanica quantistica:

- Non esiste una realtà definita della materia, ma una realtà oggettivamente non differenziata, fatta di stati sovrapposti. Così nella materia, indistintamente, possono coesistere natura ondulatoria e corpuscolare,come elementi contraddittori ma complementari. E’ l’atto dell’osservatore che mette in atto l’una o l’altra.

- Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dalla acausalità e dalla "non netta" separazione tra sperimentatore, apparato di misura e oggetto osservato. Prima dell’atto della misurazione, che permette una riduzione della funzione d’onda, la materia vive in uno stato di sovrapposizione in cui lo studioso interviene come osservatore partecipante.

- Il precedente determinismo ha lasciato spazio ad un nuovo probabilismo scientifico, che non scaturisce da una limitazione della conoscenza ma, anzi al contrario, da una conoscenza maggiore del mondo microscopico

- Vengono introdotti limiti che non sono matematici ma fisici, cioè insiti nella struttura stessa della materia.

La complessità che questa fisica rileva non mette però in dubbio alcuna legge del mondo macroscopico, anzi; le leggi della meccanica quantistica sono infatti leggi di fondamentale importanza a livello microscopico ma di scarsa rilevanza a livello macroscopico poiché in questo ambito generano dei valori numerici trascurabili.

L'elenco appena fatto degli assunti fondamentali della meccanica quantistica ci fa capire quanto sia risultato (e risulti) difficile non solo accettare, ma anche spiegare, i fondamenti di questa teoria, senza correre il rischio di non essere compresi, oppure, peggio ancora, di essere fraintesi. Il linguaggio a disposizione dei fisici o di chiunque altro addetto ai lavori cerchi di esprimere concetti come l'acausalità o la sovrapposizione degli stati, risulta molto spesso inadeguato. Le parole che le lingue ci mettono a disposizione per comunicare determinati concetti, determinate esperienze (o organizzare un coerente scenario gnoseologico), sono spesso inadatte, anche perché le parole sono state concepite per descrivere e rappresentare la realtà ordinaria, ma la meccanica quantistica ha ben poco di ordinario. Questo aspetto della "descrivibilità" dei fenomeni quantistici è ben espresso in una frase scritta da Max Born [3] :


"L’origine ultima delle difficoltà risiede nel fatto (o nel principio filosofico) che siamo costretti a usare parole del linguaggio comune quando vogliamo descrivere un fenomeno [quantistico] Il linguaggio comune è cresciuto con l’esperienza quotidiana e non potrà mai oltrepassare certi limiti ..."

Un piccolo assaggio di fisica quantistica....


Premessa: io la fisica quantistica l'ho imparata individualmente e quindi è molto probabile che spari qualche sfondone...ma a me ha affascinato così tanto che ho ritenuto uile condividerla...

"Sembra difficile dare uno sguardo alle carte che Dio ha nelle sue mani, ma

neppure per un istante posso credere che egli giochi a dadi". (Albert Einstein)


"… quelli che non sono rimasti scioccati quando si sono

imbattuti per la prima volta nella teoria quantistica non

possono averla capita …" [1] Niels Bohr


La teoria quantistica, o meccanica quantistica (o fisica quantistica) è una disciplina scientifica nata per spiegare la struttura fine della materia. Essa pur risultando, assieme alla teoria della Relatività, il paradigma scientifico di riferimento del XX secolo, non è mai riuscita a superare in modo significativo la ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Questo fatto risulta tanto più sorprendente se si pensa che le più rilevanti innovazioni tecnologiche, le più importanti teorie scientifiche, che si occupano dell'indefinitamente piccolo o dell'infinitamente grande, si basano su effetti squisitamente quantistici. Tali effetti riguardano l'energia atomica (e purtroppo anche le armi nucleari), la moderna microelettronica (sfruttata nei Computer "classici" e quantistici), gli orologi digitali, i laser, i sistemi superconduttori, le celle fotoelettriche, le apparecchiature per la diagnostica e la cura medica e tante altre applicazioni che riguardano i settori scientifico-tecnologici più disparati.

All’inizio del XX secolo i fisici ritenevano che tutti i processi dell’universo fossero perfettamente calcolabili purché si avessero a disposizione dati di partenza sufficientemente precisi. Questa filosofia deterministica, aveva preso le mosse oltre due secoli prima quando Newton, con la sua legge di gravitazione universale, era riuscito a descrivere le orbite dei pianeti. In un sol colpo lo scienziato inglese aveva dimostrato che una mela che cade da un albero e un corpo celeste che si muove nello spazio, sono governati dalla stessa legge: l’universo ticchettava come un gigantesco orologio perfettamente regolato. Il matematico francese del XIX secolo Laplace, fu uno dei più convinti sostenitori del determinismo. In più di un'occasione non mancò di ribadire che se un'intelligenza onnisciente (una sorta di superuomo) fosse stato in grado di osservare tutte le forze che agiscono in natura e registrare la posizione di ogni frammento di materia in un particolare momento "sarebbe stato in grado di includere i moti dei corpi più grandi e quelli degli atomi più piccoli in una sola formula [...] niente sarebbe risultato indeterminato; ai suoi occhi, futuro e passato sarebbero diventati presente".

Ma in concomitanza con la fine dell’epoca vittoriana, la credenza in un universo perfettamente "calcolabile" e comprensibile svanì; avvenne nel momento in cui i fisici tentarono di applicare le leggi deterministiche al comportamento del mondo atomico. In quel minuscolo regno la materia sembra divertirsi a manifestare aspetti contraddittori. E tutto ciò sancì la fine del determinismo, a netto favore del probabilismo, un concetto apparentemente antitetico al concetto stesso di scienza fisica.

Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale, dalle tesi di Copernico fino alle teorie di Einstein, che diedero un colpo definitivo ad un certo modo "assolutistico" di intendere la scienza e la vita. Desta perciò notevole stupire che la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi sia passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E questo non già perché le sue implicazioni abbiano scarso interesse, ma perché queste implicazioni sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino agli stessi scienziati che le concepirono.

La ragione che sta alla base dell’isolamento che la fisica quantistica si trova a vivere nei confronti del panorama scientifico-culturale va innanzitutto ricercata nella estrema complessità concettuale dei suoi assunti fondamentali, nonché nella difficoltà del suo formalismo matematico, che ne fanno una materia ostica persino per gli stessi fisici.

Si è posto dunque l'accento sulla complessità concettuale della teoria quantistica. A dire il vero più che di complessità concettuale bisognerebbe parlare di difficoltà nell'accettare certi sui controintuitivi postulati. Questa sensazione di disagio nell'accogliere determinati assunti quantistici era paradossalmente avvertita anche dagli stessi padri fondatori del paradigma quantistico (i cosiddetti esponenti della scuola di Copenaghen): Max Born, Niels Bohr, Werner Heisenberg, Wolfgang Pauli, Pascual Jordan1. L'ideatore del principio di Indeterminazione, Heisenberg, al riguardo così si esprimeva [2] :

"Ricordo delle discussioni con Bohr che si prolungavano per molte ore fino a notte piena e che ci conducevano quasi ad uno stato di disperazione; e quando al termine della discussione me ne andavo solo a fare una passeggiata nel parco vicino continuavo sempre a ripropormi il problema: è possibile che la natura sia così assurda come ci appare in questi esperimenti atomici? "

giovedì 22 maggio 2008


In realtà temiamo il domani solo perchè non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perchè il domani finisce per diventare oggi. Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà bello nè piacevole nè allegro. E ripetersi che ciò che conta é adesso: costruire, ora , qualcosa, a ogni costo, con tutte le nostre forze. Avere sempre in testa ciò per superarsi continuamente e rendere ogni giorno imperituro. Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità.

Da "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery.

martedì 20 maggio 2008

?????????????

La vita è strana, il mondo lo è, e pure la realtà. Un girno ti convinci di certe cose, le vivi con un'ottica, le interpreti sempre nello stesso modo. Stabilisci il discrimine tra giusto e sbagliato, piacevole e dannoso, buono o cattivo. Poi cambia una piccola virgola di un sistema complesso e tutto si rompe. Forse perchè non ha senso che esista. forse per ricordarci che schematizzare è inutile. Che alla fine c'è il vuoto. O forse per spronarci a vivere, a tentare tutte le ottiche possibili, tutti i sapori della vita. Un alito di vento e tutto viene spazzato via. Giorno dopo giorno una nuova realtà viene costruita. Ma la consapevolezza che anch'essa scomparirà resta. eppure viviamo.Mistero

giovedì 8 maggio 2008

una prima conclusione..ma forse anche un inizio, come insegna Terzani


In questi giorni stavo un pò ripensando al corso di informatica perchè nella mia mania di schematizzazioni ho sempre necessità di trovare una conclusione alle cose...e la conclusione che trovo è sicuramente positiva, per tantissimi aspetti....per l'originalità di questo metodo di insegnamento e per l'originalità dei compiti proposti...ma la bellezza di tutto non è stata solo la "novità", che si sa, di per sè, è spesso positiva...anche perchè se questo metodo fosse esteso a più materie credo che la mia euforia sarebbe sempre la stessa e non svanirebbe una volta svanito il fresco stupore della novità...non è l'eccezione di questo corso rispetto agli altri che lo rende speciale..è forse uno dei casi in cui proprio il contesto esterno non è necessario per comprendere il significato di un qualcosa, in questo caso del corso..in altre parole non serve la monotonia di molte lezioni, la ripetitività di altre, la mancanza della presenza di una partecipazione attiva, libera e costruttiva di quasi tutte per comprendere quanto questo corso sia stato apprezzato da tutti...
ma purtoppo devo riconoscere al tempo stesso dei fatti negativi..esperienze come il seminari,o l'incontro con i clown, il dialogo con De Bernard e tutti gli spunti offerti da Andreas hanno portato molte persone ad esprimersi eccessivamente rispetto a quella che è la loro natura...
mi spiego meglio...
tutti hanno parlato di collaborazione, dell'importanza di aiutare gli altri, di empatia ma quanti sono in grado realmente di applicarla??o comunque quanti la apllicano ogni giorno?? Io credo pochissimi e tra questi forse nemmeno io...ma non posso essere io a giudicarmi...sicuramente ho provato sulla mia pelle, con una profonda delusione che ho esternato anche in un altro post, che qualche persona non l'ha fatto...dalle parole sembrava promettere chissà cosa...ma poi nei fatti ha prevalso invidia, gelosia, competizione...e un'assoluta mancanza di collaborazione...
allora forse sono migliori coloro che non si esprimono senza troppo slancio e sicurezza, certi forse di non poter applicare certe cose?? Non so, non posso essere io ancora una volta a giudicare..
ma sicuramente la libertà di espressione che questo corso offre(almeno uno!) è stata da alcuni utilizzata per crearsi un'immagine di sè assolutamente distante dalla realtà...ma questa stessa libertà è quella che mi ha permesso di scoprire anime stupende e persone affini, per cui non posso criticarla completamente, anzi...un altro ossimoro!
come ogni cosa ha anche il suo aspetto negativo, ma la positività è sicuramente maggiore....
come dall'altro succede in ogni ambito, anche nello stato...la libertà è fondamentale, necessaria nella vita di ogni giorno ma non mancano persone che ne storpiano il reale significato, che deviano dalla sua purezza..ma fortunatamente sono sempre pochi...
per cui conclusione, ma anche nuovo inizio...un inizio "nuovo"(scusate la frase!) ma più consapevole...